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Gli agricoltori siciliani e le richieste mai ascoltate

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Gli agricoltori siciliani e le richieste mai ascoltate

Palermo. Monta in Sicilia la protesta degli agricoltori che nelle strade e nelle piazze, armati di trattori e megafoni, lamentano una situazione al collasso.
Sono movimenti spontanei, autonomi, lontani e dissociati dalle associazioni di categoria.
Difficile per la politica di governo attivare un dialogo, un percorso che possa riorganizzare un sistema fatto di errori e politiche sbagliate che3 negli ultimi vent’anni hanno costretto numerosi lavoratori ad affrontare soltanto costi con ricavi a lume di candela.
Dalla valle del Belìce a quella del Ditaino da oriente ad occidente dell’Isola i problemi sono sempre gli stessi: il basso prezzo del grano,che viene pagato a 17 centesimi, il fallimento di molte cantine sociali, l’aumento del prezzo dell’acqua, del carburante agricolo e una serie di costi esagerati che non coprono affatto il lavoro e la produzione.

“Assieme ai nostri sindaci chiediamo alle istituzioni regionali e nazionali di avviare una seria e attenta politica agricola che dia agli operatori del settore un prezzo minimo garantito tramite delle azioni che limitano l’ingresso sul suolo italiano di prodotti di dubbia provenienza nell’ottica di salvaguardare l’economia e soprattutto la salute pubblica”.
Protestano contro la concorrenza che viene dall’estero, che definiscono sleale sia perché approfitta di una fiscalità più vantaggiosa e di costi del lavoro inferiori, sia perché introduce alimenti di qualità scadente e non controllati.
Contro la grande distribuzione che, approfittando della concorrenza, impone dei prezzi insostenibili per l’attività agricola.
Contro l’Unione Europea che al suo interno “consente la concorrenza sleale, tollerando situazioni, come quelle dei paesi dell’est, in cui i braccianti vengono pagati 7 euro al giorno, 200 al mese, che non controlla i porti permettendo l’ingresso nel nostro paese di prodotti di bassa qualità o che, peggio ancora, contengono sostanze cancerogene come i glisofati”.

Chiedono di potersi confrontare con le istituzioni direttamente, “senza le associazioni di categoria che hanno sottoscritto quegli stessi accordi che stanno distruggendo il settore”. Poco contano gli incontri che il presidente della Regione Siciliana prova ad affrontare con il presidente nazionale di Confagricoltura Giansanti che ieri ha lanciato un Piano strategico regionale per l’agricoltura siciliana, da elaborare entro sei mesi, che metta al centro le priorità del territorio.

PRESIDENTE NAZIONALE CONFRAGRICOLTURA IN VISITA DA MUSUMECI

“Abbiamo messo le basi – evidenzia il governatore Nello Musumeci – per consolidare un rapporto che già esisteva da tempo. Se vuoi governare bene non puoi non procedere a una seria programmazione almeno quinquennale che, al di là delle emergenze che possono subentrare, stabilisca gli obiettivi da raggiungere, con quali risorse finanziarie e in quali tempi”.
Il presidente Giansanti ha posto l’accento sulla mancanza di strategia in campo agricolo da parte dei governi nazionali, negli ultimi decenni, auspicando, quindi, che l’iniziativa possa partire direttamente dai territori e in particolare dalle Regioni più importanti come la Sicilia.
“L’agricoltura – ha sottolineato il rappresentante dell’organizzazione di categoria – pur essendo ormai da qualche anno il primo comparto dell’economia italiana non ha avuto grande attenzione da Roma. I dati ci dicono che negli ultimi dieci anni l’export agroalimentare è passato da 27 a 41,8 miliardi di euro, ma quest’aumento, purtroppo, è figlio solo dell’individualismo delle singole aziende e non di una strategia complessiva del sistema Paese, come avviene in altri Stati. Dobbiamo invertire questa tendenza, partendo dai territori, dalle periferie”.
Per gli agricoltori siciliani, lontani oramai dalle associazioni di categoria, la protesta continua nella speranza che qualsiasi iniziativa istituzionale non sia soltanto frutto di propaganda e parole ma di risultati che da troppo tempo tardano ad arrivare.

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